viernes, abril 27, 2018



Da Rennes (Bretannia francese)




4 Aprile 2018

A Rennes possono succedere le cose più strane del mondo: un momento piove a dirotto (e l’oscurità della notte repentina rattrista i passanti, le case, gli oggetti tutti) e quello dopo c’è il sole che spinge la gente a riporre gli ombrelli al loro posto e a tornare a vivere all’aperto (anche i bretoni, come il resto dei francesi, d’altronde, amano sorseggiare caffè e tè nelle terrazze dei bar del centro).
E poi può capitare che l’amica di tua moglie che ha fatto un viaggio da sola in Italia conosca un italiano, se ne innamori perdutamente e poi vada in crisi e ti chieda gentilmente di tradurle una lettera che vorrebbe mandargli dopo che lui è scomparso da più di una settimana.
Ho letto la lettera mentre ero in bagno e…mi ha talmente commosso che ho pianto. Sì. Non mi vergogno a dirlo: le parole sincere e appassionate dell’amica di mia moglie mi hanno spinto alle lacrime…E queste sono alcune delle frasi più belle che mi azzardo a esporre qui, pubblicamente, perché mi hanno davvero lasciato a bocca aperta e dimostrano quanto siamo tutti deboli e vittime e sicari quando si tratta d’amore, ovvero, di Eros, ovvero, di quella potenza stramba e irrazionale che ci spinge a fare follie per l’altro (anche quando l’altro non c’è più o ha tutta l’intenzione di scomparire dal nostro orizzonte):

“Sono una ragazza ferma in attesa del ragazzo che la scelga per farla ballare, è così che mi sento, come quella ragazza che ha condiviso con te sguardi complici, sorrisi, carezze e poi…quando arriva il momento stellare…la ragazza si sente la donna più Fortunata e felice del Pianeta Terra…ma il ragazzo non appare, non viene nessuno al ballo, e la ragazza non può fare nulla…”.

“[…] non mi piace che eviti i problemi, perché non scompaiono, si trasformano soltanto, e le persone che si comportano in modo coraggioso non sono quelle che non hanno problemi, ma quelle che, avendoceli, li affrontano, anche a costo di dover chiedere aiuto […]”.

“Ora la distanza gioca contro di noi e nemmeno la lingua aiuta, ma posso assicurarti che nel mio vocabolario non esiste la parola “impossibile”, perché sono davvero poche le cose impossibili nella vita, l’impossibile ce lo costruiamo noi nella nostra mente, fino a quando non arriva qualcuno che ci dimostra che è possibile, e allora ci rendiamo conto di quanto siamo stati stupidi per tutto quel tempo…”.

E infine, verso la conclusione, questa riflessione che mi fa pensare a Marco Aurelio:

“Penso che ci sia un tempo per lasciare che le cose accadano e un tempo per fare in modo che le cose accadano”.

Quant’è grande, oscuro, profondo il cuore di una donna innamorata… Quanto siamo deboli, attorcigliati, tremolanti, quando cadiamo vittime di Eros… Quanta saggezza può ispirarci il dolore…e uno si domanda perché la conoscenza è quasi sempre conoscenza “nel” e “del” dolore…perché non impariamo dalla felicità…perché è la sofferenza che ci spinge a riflettere con più intensità su chi siamo, cosa vogliamo, cosa temiamo…perché?

domingo, abril 22, 2018

Sempre in movimento


Non ci si ferma mai, ultimamente. E, come sempre, non riesco a dire di no.

Ieri (21 Aprile 2018) ho partecipato a un incontro sul fomento della lettura tra i giovani (e le nuove generazioni) in un paesino in alta montagna nei pressi della città del Sud del Sud della Spagna in cui pernotto. Bellissimo, stimolante, entusiasmante vedere la reazione del pubblico quando, tra gli spettatori, ci sono persone che, per vocazione, si dedicano a diffondere un po' di cultura e di amore per la letteratura in un mondo (e in una società) in cui sia la letteratura che la cultura sembrano essere diventate obsolete, o una sorta di ostacolo verso altre forme d'intrattenimento...

È stato bellissimo ricevere i complimenti di professoresse in pensione; di bibliotecari combattivi e che continuano a lottare, giorno dopo giorno; di giornalisti e di scrittrici che fanno della parola scritta la loro arma di difesa contro il virus della barbarie...

Dopodomani, 24 Aprile, andrò a parlare di un autore che si suppone conosca molto bene in un "Club de Lectura" di sole donne: età media: 70 anni. E so già che tornerò a casa, da quell'esperienza, con l'animo pieno di allegria e di emozione e di riconoscenza. Parleremo di Amore e Morte, a partire da un romanzo che ruota tutto attorno a questo nocciolo duro della questione. E sono sicuro che mi faranno le domande più interessanti, quelle più difficili o cui è impossibile trovare una risposta plausibile.

Il Venerdì 27, infine, presenterò il libro di una scrittrice che, a soli 16 anni, ha debuttato con un romanzo che parla dello sfruttamento dei minori sul lavoro; e oggi, a 24 anni, ha deciso che era ora di cambiare tono e stile e, così, si è buttata e ha scritto un divertentissimo romanzo per ragazzi, un libro pieno di humor intelligente, di battute, di scenette comiche e di bisticci linguistici...

C'era anche lei, casualmente, ieri, all'incontro sul fomento della lettura. E appena ci siamo visti ci siamo abbracciati forte. Le ho fatto i complimenti. Lei mi ha ringraziato per aver accettato il suo invito a presentarle il suo libro in una delle librerie più in vista e grandi del centro della città. Le ho chiesto se sta già scrivendo una terza opera. E con un sorriso pieno di timidizza e la voce bassa mi fa: "Sì, ed è più duro del primo che ho pubblicato...non so dove mi porterà questa roba qua...".

E allora, guardandola negli occhi, percependo l'emozione e la voglia di fare nello sguardo di questa ragazza di soli 24 anni, uno pensa: "Non è tutto perduto. C'è ancora speranza. Ci possiamo ancora salvare dalla barbarie, se ci sono giovani come lei sulla Terra. Non è ancora detto...Loro non hanno ancora vinto...".

Sempre in movimento. E chissà quando imparerò a dire di no. Ma per ora è bello. Sì. È davvero entusiasmante essere sempre in azione, non smettere mai di leggere e di fare. Non smettere mai di sperare nel meglio.

lunes, abril 16, 2018

L'incubo finale


Dunque, doveva capitare: l'incubo finale, quello decisivo, quello più scioccante...ed è capitato.

Ieri notte ho sognato di morire. Eravamo in tre: io, col cappotto nero classico che mi ha regalato anni fa la mia compagna di avventure; e due tizi loschi anch'essi vestiti di nero, che non conoscevo.

Si parla del più e del meno, qualcuno allude ad un mio tradimento, una storia di corna; qualcun'altro cita direttamente mia moglie, ma non riesco a seguire il filo del discorso. Siamo in una strada deserta, a New York, o in una città piena di grattacieli che le somiglia molto... Sento un brivido lungo la schiena e poi una sensazione di bruciato al collo: qualcuno mi ha sparato. Tre colpi (ecco, di nuovo il 3!). Secchi. Precisi. All'altezza della giugulare. Cado a terra tra gli schizzi di sangue. Zampilli. Una fontana. Un fiotto incessante. E la cosa più assurda è che, dopo un primo momento di sorpresa, dopo l'effetto della scottatura, non sento più nulla. Anzi, avverto quasi una sensazione di riposo e di calma, di benessere e di pace.

Infatti, pur essendo morto e steso a terra, nell'incubo, continuo ad essere cosciente. Sono diventato forse un fantasma. Mi aggiro per le strade vuote. Poi appare la mia famiglia. I miei fratelli. Mia madre. Urlo, ma nessuno mi sente. Poi mia nonna, che, nella vita reale, ha 95 anni ed è sorda. Ebbene, la chiamo e lei sì, mi sente. Mi vede, addirittura. Mi parla. Ma la sua voce mi arriva come da sott'acqua, è attutita, arriva troppo piano. E io urlo e lei parla, quasi a bassa voce, e io non riesco a leggere il labbiale.

La cosa più triste, quando si muore (almeno stando a quello che ho vissuto io sul piano onirico) non è tanto il buio, o il dolore fisico - quello, ripeto, dura pochissimo, passa in fretta - bensì quello animico, morale, di sapere di non riuscire più a farsi sentire da chi è rimasto in vita. I nostri cari, le persone più importanti per noi, una volta morti, sembrano ignorarci o sembrano non accorgersi della nostra presenza, della nostra disperata voglia di entrare in comunicazione con loro. È stato terribile. Voler interagire e vedersi nella strana e allucinante situazione in cui non ci si riesce, come se una membrana trasparente creasse il vuoto attorno a noi. Anche se la nonna è a pochissimi centimetri da me e dal mio corpo. Eppure, lei, sorda e mezza cieca, mi ha visto e ha provato pure a parlarmi, ma il suono della sua voce era troppo debole. Una malinconia. Una tristezza. Una nostalgia infinita.

Mi sveglio in preda al panico. Sudori freddi. Sensazione di vuoto. La camera è ancora la mia camera. Il cappotto nero elegante è ancora appeso alla stampella. E, per fortuna, non ci sono segni di sangue. Né di colpi di pistola.

È davvero strano, sognare la propria morte. E in questo modo, poi...a metà strada tra un film di Tarantino e Ghost...Ed è davvero strano accorgersi dell'incommensurabile abisso, dell'insalvabile distanza, dell'inesorabile differenza che c'è (e forse ci sarà) tra i vivi e i morti...

Letture pasquali Provo a leggere, in queste vacanze pasquali, tra una corsa in bicicletta in alta montagna e le mangiate assurde previste da...