Da Rennes (Bretannia francese)
4 Aprile 2018
A Rennes possono succedere le
cose più strane del mondo: un momento piove a dirotto (e l’oscurità della notte
repentina rattrista i passanti, le case, gli oggetti tutti) e quello dopo c’è
il sole che spinge la gente a riporre gli ombrelli al loro posto e a tornare a
vivere all’aperto (anche i bretoni, come il resto dei francesi, d’altronde, amano
sorseggiare caffè e tè nelle terrazze dei bar del centro).
E poi può capitare che l’amica di
tua moglie che ha fatto un viaggio da sola in Italia conosca un italiano, se ne
innamori perdutamente e poi vada in crisi e ti chieda gentilmente di tradurle
una lettera che vorrebbe mandargli dopo che lui è scomparso da più di una
settimana.
Ho letto la lettera mentre ero in
bagno e…mi ha talmente commosso che ho pianto. Sì. Non mi vergogno a dirlo: le
parole sincere e appassionate dell’amica di mia moglie mi hanno spinto alle
lacrime…E queste sono alcune delle frasi più belle che mi azzardo a esporre
qui, pubblicamente, perché mi hanno davvero lasciato a bocca aperta e
dimostrano quanto siamo tutti deboli e vittime e sicari quando si tratta d’amore,
ovvero, di Eros, ovvero, di quella potenza stramba e irrazionale che ci spinge
a fare follie per l’altro (anche quando l’altro non c’è più o ha tutta l’intenzione
di scomparire dal nostro orizzonte):
“Sono una ragazza ferma in attesa
del ragazzo che la scelga per farla ballare, è così che mi sento, come quella
ragazza che ha condiviso con te sguardi complici, sorrisi, carezze e poi…quando
arriva il momento stellare…la ragazza si sente la donna più Fortunata e felice
del Pianeta Terra…ma il ragazzo non appare, non viene nessuno al ballo, e la
ragazza non può fare nulla…”.
“[…] non mi piace che eviti i problemi,
perché non scompaiono, si trasformano soltanto, e le persone che si comportano
in modo coraggioso non sono quelle che non hanno problemi, ma quelle che,
avendoceli, li affrontano, anche a costo di dover chiedere aiuto […]”.
“Ora la distanza gioca contro di
noi e nemmeno la lingua aiuta, ma posso assicurarti che nel mio vocabolario non
esiste la parola “impossibile”, perché sono davvero poche le cose impossibili
nella vita, l’impossibile ce lo costruiamo noi nella nostra mente, fino a
quando non arriva qualcuno che ci dimostra che è possibile, e allora ci
rendiamo conto di quanto siamo stati stupidi per tutto quel tempo…”.
E infine, verso la conclusione,
questa riflessione che mi fa pensare a Marco Aurelio:
“Penso che ci sia un tempo per
lasciare che le cose accadano e un tempo per fare in modo che le cose accadano”.
Quant’è grande, oscuro, profondo
il cuore di una donna innamorata… Quanto siamo deboli, attorcigliati,
tremolanti, quando cadiamo vittime di Eros… Quanta saggezza può ispirarci il
dolore…e uno si domanda perché la conoscenza è quasi sempre conoscenza “nel” e “del”
dolore…perché non impariamo dalla felicità…perché è la sofferenza che ci spinge
a riflettere con più intensità su chi siamo, cosa vogliamo, cosa temiamo…perché?