martes, agosto 29, 2017


NON E' LO STESSO (NO, NON LO E' MAI)

Non ricordavo quasi più di essere stato un poeta durante la mia adolescenza e la prima giovinezza. Sì mi ricordo di essermi innamorato follemente (e, dunque, platonicamente) di una ragazza "dark" che andava vestita sempre di nero, che portava sulla faccia un trucco nerissimo che le rendeva gli occhi più neri di una notte senza luna e senza stelle. E all'improvviso, eccola qui, una poesia superstite di quegli anni (stiamo parlando del 1997 o del 98, comunque il periodo in cui lasciavo i 20 anni per compiere i 21) e mi fa un certo effetto e una certa tenerezza re-incontrarmi con il mio "io" di "allora" (non ricordo più nemmeno chi fosse quella "baby" a cui il mio "io" di "allora" si rivolge: forse una fidanzata che mi mollò senza dare spiegazioni; forse la "dark" amata a distanza; forse qualcuna che frequentai per un mese - la mia relazione più longeva, a quei tempi; forse una donna di cui mi innamorai follemente, non ricambiato).

La poesiola s'intitola "Non è lo stesso"; risente pesantemente dell'influsso della scrittura di Tiziano Sclavi (l'inventore di Dylan Dog, come tutti sanno, ormai) ed è piena di imprecisioni, di sbavature, di sciocchezzuole lessico-sintattiche totalmente accettabili quando uno ha 20 o 21 anni e non sa ancora nulla della vita (anche se crede di saperne tutto).

Alle due o tre lettrici di questo blog (quelle che ancora mi sopportano), quest'omaggio che viene dal passato (dal mio passato che è una terra straniera, come per tutti, d'altronde) e che va spedito verso il futuro (ignoto - anch'esso - a tutti, ahinoi)...


NON E' LO STESSO

E ti ricordi di quando sei venuta
a casa e mi chiudesti il tuo cuore in faccia,
non ce la faccio più, così non vado più avanti,
allora io ti dissi, per favore, smettila,
perché lo so anch'io che nel cibo ci sono troppi
troppi conservanti.
Tu mi odiavi e io forse ti amavo, ma non
me ne sono accorto.
Il telefono è lì, se vuoi chiama pure tua madre,
mi piace fare il buffone quando non ho
nulla
nulla da perdere, nulla da prendere,
è sempre la stessa storia: mi dici ti voglio bene,
ti penso anche la notte, ma è una notte
di plenilunio.
Grida il tuo dolore, baby, gridalo insieme a me,
perché sai che un'occasione è sacappata.
E ti ricordi di quando te ne sei andata via
senza salutare, a volte ci penso, ma poi lascio stare.
Restiamo amici, se vuoi, ma non è la stessa cosa,
quando non hai il tempo per tirare avanti,
per tirare indietro, per tirare le cuoia.
Sono rimasto a casa, fuori cominciò a piovere,
sei un segreto, ho pensato, sei un segreo
del mio cuore e nessuno ti capirà
mai.
E potrei continuare così per tutto il giorno,
ma non è giusto piangere, fuori già piove.
Semmai t'incontrerò di nuovo, ti racconto
una barzelletta,
ti piace tanto ridere, ma a volte è difficile
anche solo sorridere e starsene in silenzio
è la cosa migliore.
Baby ti scrivo una poesia se me ne viene in mente una,
una soltanto, purché sia sincera,
e che tu possa restare per sempre giovane e viva
finché morti non ti separi.
Guarda il sole, baby, guarda il sole com'è bello,
com'è rosso.
Guardo il sole da solo e ascolto il silenzio
in silenzio.
E starsene in silenzio a volte è la cosa migliore,
perché a volte è difficile anche solo sorridere.
Restiamo vivi, se vuoi, sì ma non è la
stessa cosa.

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